La musica è l’arte che è più vicina alle lacrime e alla memoria. (O. Wilde)
La musica riveste un ruolo importante nella vita delle persone e in modo particolare degli adolescenti. La musica permette alle nostre corde più profonde di vibrare e ci fa sentire in modo forte le emozioni che confusamente in noi si agitano. Allo stesso tempo la musica ha un grande potere calmante e perfino catartico (di purificazione… insomma una grande agitazione interiore al termine della quale, però, ci sentiamo come liberati e sereni), rappresentando in modo simbolico, come un oggetto di fronte a noi (e in definitiva come in uno specchio), le angosce e le pulsioni più estreme con le quali da sempre gli esseri umani si sono confrontati. Queste pagine di Silvia Vegetti Finzi, mi sembrano particolarmente illuminanti e quindi le riporto qui appresso...
***
Il linguaggio universale che attraversa le culture giovanili da una parte all’altra del pianeta è la musica: un sogno a tutto volume che esalta le emozioni, amplifica i desideri, dilata le fantasie. Nelle sue infinite variazioni la musica fa da sfondo all’adolescenza, segnando di generazione in generazione un’età, un’epoca, un modo di vivere, di soffrire e di amare. Chi non ha mai provato uno struggente senso di nostalgia nel riascoltare per caso un ritmo, una voce, una canzone che rievoca il tempo della giovinezza? Ma oggi la musica non è più circoscritta a momenti particolari: dilaga sempre e ovunque. I ragazzi vivono immersi in un mare di suoni che scandiscono la loro vita come un leitmotiv permanente. Ascoltando musica da soli, in coppia, in gruppo o in centomila. Nella loro stanza, per strada, nel metro. Ai concerti, in discoteca, in birreria. Mentre studiano, leggono, pensano, parlano, discutono, fanno l’amore.
Oltre a rappresentare un fenomeno culturale di proporzioni vastissime, la musica acquista per i ragazzi significati profondi che spesso sfuggono alla comprensione degli adulti. Il suo linguaggio sempre più multietnico, ricco di messaggi che avvicinano i giovani di ogni razza e cultura, rappresenta un inno di appartenenza al gruppo: un lessico in cui tutti si riconoscono e in cuiconfluiscono le stesse emozioni condivise. Attraverso una moltitudine di suoni scanditi da parole spesso provocatorie, debordanti, estreme, la musica che gli adolescenti amano parla per loro, esprime quello che è difficile non solo dire ma anche pensare: la ricerca di se stessi, della propria identità, il significato dell’esistere, l’amore, il sesso, il desiderio di rivolta, la violenza, la morte, la speranza.
Per quanto possa sembrare sconvolgente e pervasiva, nel suono come nelle parole, la musica ha un grande potere calmante: consente di dare un significato simbolico a sentimenti, emozioni e angosce che altrimenti rischiano di debordare. Proprio per questo ascoltarla in solitudine crea un clima che favorisce la concentrazione: inutile stupirsi o preoccuparsi, quindi, se i ragazzi studiano a suon di musica. Il suo ritmo, le sue vibrazioni non li distolgono dall’apprendimento: creano invece una barriera che li protegge non solo dalle intrusioni esterne, ma anche dalle proprie ansie.
A livello più profondo, inconscio, come osserva lo psicoanalista Franco Fornari, la musica ha il potere di rievocare quel “bagno di suoni” in cui ognuno di noi è stato immerso prima di nascere, nella vita intrauterina, quando il tempo era scandito dal battito del cuore materno: un altro mondo, per sempre perduto, senza la memoria del quale non sembra possibile vivere. E il cui ricordo riaffiora come una musica interiore dal significato misterioso, inafferrabile in tutto ciò che è ritmo, vibrazione, suono. Con un effetto consolatorio, pacificante, che acquieta le tensioni. Ed è proprio per questo che i ragazzi si chiudono in camera ad ascoltare per ore la loro musica, quando si sentono in ansia, soli, depressi o sovreccitati. O si addormentano cullati dalle percussioni del rap o di una melodia etnica come d a una nuova ninna nanna.
La passione per la musica non manca di aspetti inquietanti, per i genitori: i suoi idoli evocano un mondo di trasgressioni estreme che si riflette non solo nei messaggi delle loro canzoni ma anche nella loro vita. Da Jim Morrison in poi, non si contano i nuovi “poeti maledetti” caduti sull’altare pagano del “sesso, droga & rock’n roll”. E i poster giganteschi con i quali i ragazzi tappezzano la loro camera, affiancandoli a quelli di miti intramontabili come James Dean, non sembrano presagire nulla di buono. Fino a che punto gli adolescenti rischiano di identificarsi in questi eroi negativi e nei loro messaggi? Il dubbio è legittimo, vista l’enorme suggestione che esercitano gli idoli del sound. Si dimentica però che non rappresentano dei modelli di vita reale ma dei miti: sono personaggi emblematici che mettono in scena dal vivo le passioni e le angosce del nostro tempo, proprio come i protagonisti dei grandi romanzi che hanno segnato un’epoca, dal Giovane Werther di Goethe ad Anna Karenina di Tolstoj. Come avviene nel teatro e nella letteratura, anche la trama della loro vita trasfigurata dal mito esercita un effetto catartico: ha il potere di sciogliere l’angoscia attraverso la sua rappresentazione simbolica.
Se gli idoli della musica affascinano tanto i ragazzi, è perché mettono in scena le loro stesse passioni, il loro stesso desiderio di rivolta, di trasgressione, di protesta. Ed è sul piano della fantasia, dell’immaginazione che si identificano con loro, senza bisogno di imitarli per sentirsi esistere. Certo, ci sono anche ragazzi che muoiono per overdose come Jim Morrison, proprio come in piena epoca romantica si uccidevano per amore, come il giovane Werther. Ma se soccombono alla suggestione della droga e della morte non è solo perché si sentono irresistibilmente spinti a imitare i loro idoli. È perché sono approdati all’adolescenza con una struttura psichica e affettiva troppo fragile, vulnerabile, per reggere le trasformazioni di questa età e le angosce di morte che si accompagnano ai processi di separazione in atto. Il vero rischio non viene dall’esterno, dagli eroi negativi e dai loro messaggi, ma da un mondo interiore provo di quella fiducia di base che rende la pulsione di vita più forte della pulsione di morte. È questa base sicura che mette al riparo l’adolescente dalle spinte autodistruttive che, in assenza di un solido argine interiore, possono trovare sbocco nei paradisi artificiali e nella vita spericolata evocati dagli idoli rock come in molte altre forme di disagio giovanile.
~ * ~
... e poi:
Musica, emozioni e cervello.
Studi recenti sulla neuropsicologia delle emozioni evocate dalla musica
Introduzione a tesi di laurea, di G. Taraglio (2013)
Exercitium
arithmeticae occultum nescientis se numerare animi (“La musica è l’esercizio
matematico nascosto di una mente che calcola inconsciamente”).
Gottfried Wilhelm
Leibniz, Epistolae ad diversos,
lettera 154 a
Goldbuch, 1712.
La musica è
l’unico, tra tutti i linguaggi umani, che riunisce i caratteri contraddittori
d’essere a un tempo stesso intelligibile e intraducibile.
Claude Lévi-Strauss (1964). Il crudo e il cotto.
Bompiani, Milano 1966, p. 36.
Introduzione a tesi di laurea, di G. Taraglio (2013)
La musica è presente in ogni cultura, e occupa un ruolo di primo piano nella vita quotidiana delle persone, può indurre emozioni profonde e per questo rappresenta un’esperienza emotiva particolarmente gratificante per chi l’ascolta. Il tema delle emozioni legate alla musica, a cominciare dalla filosofia greca, è rimasto per lungo tempo dominio dei filosofi, come documenta il numero impressionante di teorie sulla musica e l’emozione. Solo in tempi relativamente recenti le formulazioni teoriche sulle potenzialità della musica di suscitare emozioni o di alterare l’umore sono state accompagnate da ricerche empiriche, in particolare grazie allo sviluppo delle neuroscienze cognitive e ai suoi strumenti di indagine, che hanno reso possibile lo studio diretto dell’attività cerebrale durante la percezione e la produzione di suoni musicali. Spesso si considera la musica come il “linguaggio delle emozioni”: la sua capacità di evocare e esprimere emozioni ne costituisce la caratteristica fondamentale e primaria. La musica esprime emozioni che gli ascoltatori percepiscono, riconoscono, o da cui vengono emotivamente toccati. Inoltre, diversi studi hanno suggerito che il motivo più comune per cui si ascolta la musica è quello di poter influire sulle emozioni, per modificarle, per liberarle, per sintonizzarsi con il proprio stato emotivo, per rallegrarsi o consolarsi, o per ridurre lo stress. Indubbiamente, i dati indicano che la maggior parte delle persone fa esperienza di musica (in qualche modo, da qualche parte) ogni giorno della propria vita, spesso associandola a una reazione affettiva di qualche tipo (per esempio, il riconoscimento nostalgico di una delle proprie canzoni preferite ascoltata alla radio, la frustrazione verso una certa musica diffusa in un centro commerciale, la gioia di ascoltare un magnifico concerto dal vivo, la tristezza evocata dalla colonna sonora di un film). Eppure, il fatto che la musica possa evocare emozioni profonde è un mistero che ha affascinato gli studiosi fin dall’antica Grecia. Perché reagiamo alla musica con le emozioni, anche se la musica non sembra avere implicazioni per i nostri obiettivi di sopravvivenza? Come possono dei “semplici suoni” coinvolgerci così tanto? Spiegare come e perché la musica possa evocare emozioni in chi l’ascolta è estremamente importante, dal momento che la musica viene già utilizzata, in società, in una molteplicità di modi che presumono la sua efficacia nell’evocare emozioni, come la musica da film, il marketing, la musicoterapia. È vero che si stanno gradualmente accumulando dati che dimostrano come la musica abbia effetti benefici sulla salute, il che potrebbe essere impiegato sistematicamente nella misura in cui riusciamo ad avere una comprensione dei suoi meccanismi sottostanti. L’emozione è altresì centrale al processo creativo della musica, sia nell’esecuzione che nella composizione musicale. Molti musicisti hanno sottolineato il ruolo cruciale delle emozioni nella scrittura, apprendimento e interpretazione della musica. Se l’interesse per l’elaborazione cerebrale della musica affascina i neuroscienziati da oltre un secolo, è solo nell’ultimo decennio che l’argomento è diventato un ambito di studio intenso e sistematico, e questo perché in ambito neuroscientifico ci si è resi conto che la musica offre un’opportunità unica per comprendere meglio l’organizzazione del cervello umano, sollevando quesiti importanti su una varietà di funzioni cognitive complesse: essa rappresenta infatti un prezioso strumento di indagine non soltanto per i sistemi uditivi e motori coinvolti nella percezione e nella produzione musicale, ma anche per le interazioni multisensoriali, la memoria, l’apprendimento, l’attenzione, la progettualità, la creatività e le emozioni. In questo lavoro ho cercato quindi di descrivere in particolare la situazione delle conoscenze attuali sul tema della musica e delle emozioni da una prospettiva neuroscientifica, presentando una sintesi di alcune delle ricerche più significative svolte in questi ultimi anni sull’argomento. Cominciando da un approfondimento degli studi condotti da alcuni autori per individuare i meccanismi neurali alla base delle emozioni evocate dalla musica e l’organizzazione cerebrale alla base della loro elaborazione, fino a concludere con alcuni contributi recenti sull’universalità e la predisposizione neurobiologica dell’uomo per la musica.
~Segue testo di tesi, scaricabile in pdf qui: LA MUSICA: IL LINGUAGGIO DELLE EMOZIONI
~ * ~
... e ancora:Il primo spartito musicale!
L’epitaffio di Sicilo fu scoperto da Sir William Mitchell Ramsay nel 1883, nei pressi di Aydin (vicino ad Efeso), in Asia Minore. È datato tra il 200 a.
C. e il 100 d.C., e contiene un brano che è considerato la più antica composizione musicale completa mai rinvenuta.
Sicilo fu un poeta lirico e un musicista del periodo ellenistico, e questo brano era dedicato a sua moglie, Euterpe; infatti sull’epitaffio c’è scritto Σείκιλος-Ευτέρ [πη], che significa “Sicilo a Euterpe”. La stele di marmo che riporta il testo e il brano musicale andò persa durante la guerra greco- turca (1919-1922), ma venne ritrovata in seguito. Attualmente si trova al Museo Nazionale di Danimarca, a Copenaghen.
La canzone utilizza la notazione greco-antica, in cui le altezze dei suoni sono scritte come lettere sopra le sillabe, mentre le durate delle note sono rappresentate da segni su quelle lettere (ad esempio, assenza di linee significa una durata; una linea significa doppia durata, ecc.). La composizione è uno “Skolion” (σκόλιον µέλος), un genere musicale che poteva essere cantato al termine di un banchetto, di solito accompagnato da una lira: i commensali intonavano ciascuna strofa seguendo un ordine “Skoliòs” e cioè, diremmo oggi, a zig-zag.
Trascrizione nella moderna notazione occidentale:
_______________________________
- Sulle emozioni della musica, vedi anche:
Musica, Emozione e Sentimento sul mio blog Vagheggiando
- In pdf vedi: I VISSUTI EMOTIVI LEGATI ALL’ASCOLTO MUSICALE