L’amore è desiderio che attrae e unisce gli esseri viventi e coscienti in vista di un reciproco bisogno di completamento. La sua natura è paradossale. Nell’amato infatti si cerca contemporaneamente
l’identico e il differente, l’altro se stesso e l’individuo diverso da sé, la fusione senza residui e il rafforzamento della propria personalità. Se l’altro non mi somigliasse, se non potessi rispecchiarmi in lui e riconoscere nei suoi pensieri e sentimenti il riflesso dei miei, l’amore non sorgerebbe, ma non potrei amarlo neppure se mi somigliasse troppo, se fosse un mero duplicato, un’eco monotona e ripetitiva di me stesso. [...]
Per durare l’amore deve rimanere incessantemente in bilico su un pericoloso crinale, rinnovare gli stati di equilibrio. Esso costituisce una delle passioni più potenti e sconvolgenti. È gioia incostante, che ha bisogno di continue rassicurazioni, espansione di se stessi oltre i vincoli della mortificante quotidianità. Sensazione di crescita, di arricchimento e di liberazione dalla chiusura nel proprio io rattrappito. Insieme però, se non adeguatamente ricambiato, rappresenta anche un tragico fattore di distruzione e di autodistruzione. In rapporto al piacere sessuale, assume il carattere dell’eros, che si manifesta in un mobile gioco di seduzione, in cui ci si sottrae per concedersi e ci si concede per sottrarsi. In termini religiosi infine il cristianesimo ha fatto dell’amore unilaterale e gratuito di Dio per l’uomo, di Gesù che sacrifica la propria vita per la salvezza dell’umanità, la base della fede e, dell’amore dell’uomo per il proprio prossimo, compreso il nemico, il comandamento più grande.
da Remo Bodei, Che cos’è l’amore?,
Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche
Oggi, come nel passato, la filosofia non può ignorare l’amore, la funzione che esso svolge nella
vita dell’uomo contribuendo a determinarne il senso. Insieme alla letteratura e alle arti la filosofia
fornisce una rappresentazione della varietà delle concezioni dell’amore che si sono affermate
nella storia e – in una stessa epoca – all’interno dei diversi gruppi umani.
Se più spesso con “amore” si intende il legame tra due persone, di “amore” si parla anche a proposito di altri soggetti, oltre a quelli implicati nel “rapporto a due”. Così, vi è amore dei genitori per i figli (e viceversa), come vi è amore verso entità ideali quali il bene e la giustizia, o verso entità collettive come il proprio paese, la propria nazione.
Vi sono poi l’amore di se stessi e l’amore del “prossimo” o addirittura dell’umanità intera, l’amore dell’uomo per Dio e di Dio per l’uomo.
Vi è inoltre “amore” per gli oggetti (come i beni materiali di vario tipo) o per determinate attività (il gioco, il lavoro, il cinema, ecc.): amori che talvolta possono divenire altrettanto assorbenti della “passione d’amore”, se non di più, sino a trasformarsi in vere e proprie ossessioni.
L’amore come rapporto a due – che è l’idea di “amore” di cui si occupa oggi prevalentemente la filosofia – attiene essenzialmente a un desiderio che si rivolge ad un’altra persona, si caratterizza per una forte tonalità sentimentale e si basa su una sorta di identificazione affettiva con l’“altro”, sul desiderio di “unirsi” a lui, di costituire cioè con lui un rapporto autentico, paritario, fondato sulla reciprocità di sentimenti, sulla tenerezza e sulla sollecitudine.
Forse ci potrà sorprendere che questa concezione, propria del cosiddetto “amore romantico”, fosse quasi sconosciuta prima del XIX secolo e che nella filosofia e nella cultura all’amore siano stati spesso riconosciuti altre finalità e altri caratteri.
Appare tuttavia più inquietante che quel modo di intendere l’amore, pur ancora così diffuso nell’immaginario di molte persone, si stia indebolendo e dissolvendo, o, almeno, stia profondamente
cambiando sotto la spinta dei mutamenti in corso nella nostra società.
di Zygmunt Bauman
Nella sua interpretazione ortodossa, il desiderio va curato e coltivato, implica una cura prolungata,
un difficile negoziato senza soluzioni scontate, qualche scelta difficile e alcuni compromessi
dolorosi, ma soprattutto – e cosa peggiore di tutte – comporta procrastinare il suo soddisfacimento,
il sacrificio senza dubbio più aborrito nel nostro mondo fatto di velocità e accelerazione.
Nella sua radicalizzata, condensata e soprattutto più compatta reincarnazione sotto forma di
voglia, il desiderio ha perso gran parte di tali fastidiosi attributi e si è concentrato maggiormente
sul proprio obiettivo. Come recitava il messaggio pubblicitario di una famosa carta di credito,
oggi è possibile “eliminare l’attesa dal desiderio”.
Quando è pilotata dalla voglia (“in una stanza affollata i vostri sguardi si incrociano”), la relazione
tra due persone segue il modello dello shopping, e non chiede altro che le capacità di
un consumatore medio, moderatamente esperto. Al pari di altri prodotti di consumo, è fatta per
essere consumata sul posto (non richiede addestramento ulteriore o una preparazione prolungata)
ed essere usata una sola volta “con ogni riserva”. Innanzitutto e perlopiù, la sua essenza
è quella di potersene disfare senza problemi.
[…] Dopo tutto, automobili, computer o telefoni cellulari in perfetto stato e ancora funzionanti
vengono gettati via senza troppo rammarico nel momento stesso in cui le loro “versioni
nuove e aggiornate” giungono nei negozi e diventano l’ultimo grido. Perché mai le relazioni dovrebbero fare eccezione alla regola? […]
La “relazione pura” tende oggigiorno ad essere la forma prevalente di aggregazione umana,
instaurata “per quanto ne può derivare a ciascuna persona” e “continuata solo nella misura in
cui entrambi i partner ritengono che dia a ciascuno di essi abbastanza soddisfazioni da indurre
a proseguirla”. […]
Una delle caratteristiche della relazione pura è che può essere troncata, più o meno a proprio
piacimento e in qualsiasi momento, da ciascuno dei due partner. Perché una relazione abbia
una chance di durare, è necessario l’impegno; ma chiunque si impegni senza riserve rischia
di soffrire molto in futuro qualora la relazione dovesse dissolversi.
L’impegno verso un’altra persona o verso più persone, in particolare un impegno incondizionato
e di certo un tipo di impegno “finché morte non ci separi”, nella buona e nella cattiva sorte,
in ricchezza e in povertà, assomiglia sempre più a una trappola da scansare a ogni costo.
[…]
Investire sentimenti profondi nel rapporto e fare un giuramento di fedeltà significa correre un
rischio enorme: ti rende dipendente dal tuo partner e … la tua dipendenza … potrebbe non essere
e non deve essere necessariamente ricambiata. E quindi tu sei legato, ma il tuo partner è
libero di andare, e nessun tipo di legame capace di mantenere te al tuo posto è sufficiente a garantire
che l’altro non se ne vada. […]
Rapporti elastici e facilmente revocabili hanno sostituito il modello di unione personale “finché
morte non ci separi”. […]
Un’inedita fluidità, fragilità e intrinseca transitorietà (la famosa “flessibilità”) caratterizza tutti
i tipi di legame sociale che solo fino a poche decine di anni fa si coagulavano in una duratura,
affidabile cornice entro la quale era possibile tessere con sicurezza una rete di interazioni umane.
Tali tratti caratterizzano in particolare e forse anche in modo più rilevante i rapporti di tipo
lavorativo e professionale. In un’epoca in cui le proprie specificità finiscono fuori mercato in
meno tempo di quanto ne sia occorso per acquisirle e padroneggiarle, in cui le credenziali scolastiche
perdono di anno in anno valore rispetto al loro costo di acquisto o addirittura si trasformano
in una “equità negativa” ben prima della loro data di scadenza che si presumeva “illimitata”,
in cui i luoghi di lavoro scompaiono con poco o punto preavviso e il corso della vita è
suddiviso in una serie di progetti sempre più a breve termine, le prospettive di vita appaiono
sempre più simili alle accidentali circonvoluzioni di razzi intelligenti alla ricerca di elusivi, effimeri
e mai statici bersagli, anziché alla predesignata, predeterminata, prevedibile traiettoria di
un missile balistico.
L’amore e l’individuo nell’età della tecnica
di Umberto Galimberti
Nelle società tradizionali, da cui la tecnica ci ha emancipato, vi era poco spazio per le scelte
del singolo e la ricerca della propria identità. Fatta eccezione per singoli gruppi e minoranze
elitarie che potevano permettersi il lusso di avere desideri di realizzazione personale, l’amore
non sanciva tanto la relazione tra due persone, quanto l’unione di due famiglie o gruppi parentali
che, attraverso il veicolo dell’amore, potevano acquisire sicurezza economica, forza lavoro
per l’impresa familiare, avere eredi, assicurare il possesso esistente e, nel caso dei privilegiati,
ampliare il patrimonio e il prestigio.
Oggi l’unione di due persone non è più condizionata dalla lotta quotidiana per la sopravvivenza,
o dal mantenimento e dall’ampliamento della propria condizione di privilegio sociale e
di prestigio, ma è il frutto di una scelta individuale che avviene in nome dell’amore, sulla quale
le condizioni economiche, le condizioni di classe o di ceto, la famiglia, lo Stato, il diritto, la
Chiesa non hanno più influenza e non esercitano più alcun potere, sia in ordine al matrimonio
dove due persone in completa autonomia si scelgono, sia in ordine alla separazione e al divorzio
dove, in altrettanta autonomia, i due si congedano.
L’amore perde così tutti i suoi legami sociali e diventa un assoluto (solutus ab, sciolto da tutto),
in cui ciascuno può liberare quel profondo se stesso che non può esprimere nei ruoli che
occupa nell’ambito sociale.
In questo modo tra intimità e società non c’è più scambio, osmosi, relazione. Nella società
ciascuno è funzionario ed esecutore di azioni descritte e prescritte dall’apparato di appartenenza,
nell’amore ha lo spazio per essere se stesso, reperire la propria identità profonda al di là di
quella declinata nel ruolo, cercare la propria realizzazione e l’espressione di sé. Autenticità, sincerità,
verità, individuazione trovano nell’amore quello spazio che la società, regolata dalla razionalità
della tecnica, non concede più.
L’amore diventa a questo punto la misura del senso della vita, e non ha altro fondamento che in
se stesso, cioè negli individui che lo vivono, i quali, nell’amore, rifiutano il calcolo, l’interesse, il raggiungimento di uno scopo, persino la responsabilità che l’agire sociale richiede, per reperire quella
spontaneità, sincerità, autenticità, intimità che nella società non è più possibile esprimere. […]
Slegato da ogni vincolo sociale cui la tradizione l’aveva connesso, nell’età della tecnica
l’amore è nelle sole mani degli individui che si incontrano e ha il suo fondamento nel segreto
della loro intimità, unico luogo dove trovano espressione le esigenze più personali e imprescindibili.
Contro la realtà delle astrazioni, delle statistiche, dei numeri, delle formule, delle funzionalità,
dei ruoli, l’amore esprime la realtà degli individui che rifiutano di lasciarsi assorbire totalmente
dal regime della razionalità che più si espande e diventa totalizzante, più rende attraente
nell’amore l’irrazionalità che lo governa.
Come unico spazio rimasto per essere davvero se stessi, l’amore diviene la sola risposta all’anonimato sociale e a quella radicale solitudine determinata, nell’età della tecnica, dalla frammentazione di tutti i legami. Sentendosi attori in un mondo regolato esclusivamente da meccanismi, gli innamorati non riconoscono alcuna istanza sovraordinata al loro amore, che non ha
altro fondamento o altro obbligo se non nella loro libera scelta. E se un tempo l’amore si infrangeva
di fronte alle convenzioni sociali, oggi appare l’unico rifugio che salva l’individuo da queste
convenzioni, in cui nessuno ha l’impressione di poter essere veramente se stesso.
È come se l’amore reclamasse, contro la realtà regolata dalla razionalità tecnica, una propria
realtà che consenta a ciascuno, attraverso la relazione con l’altro, di realizzare se stesso. E in
primo piano, naturalmente, non c’è l’altro, ma se stesso. […]
Ma così l’amore si avvolge nel suo enigma: il desiderare, lo sperare, l’intravedere una possibilità
di realizzazione per se stessi cozzano con la natura dell’ amore che è essenzialmente relazione
all’altro, dove i due smettono di impersonare ruoli, di compiere azioni orientate a uno
scopo e, nella ricerca della propria autenticità, diventano qualcosa di diverso rispetto a ciò che
erano prima della relazione, svelano l’uno all’altro diverse realtà, si creano vicendevolmente ex
novo, cercando nel tu il proprio se stesso. […]
Ma quando l’intimità è cercata per sé e non per l’altro, l’individuo non esce dalla sua solitudine
e tanto meno dalla sua impermeabilità, perché già nell’intenzione di reperire se stesso nell’amore
egli ha bloccato ogni moto di trascendenza, di eccedenza, di ulteriorità. […] Una sorta
di rottura di sé perché l’altro lo attraversi. Questo è l’amore.
Due nozioni dell’amore
di Nicola Abbagnano
[Nelle] teorie […] ricorrono due nozioni fondamentali dell’amore, all’una o all’altra delle
quali ciascuna di esse può essere agevolmente ricondotta. La prima è quella dell’amore come
un rapporto che non annulla la realtà individuale e l’autonomia degli esseri tra i quali intercorre,
ma tende a rafforzarle, mediante uno scambio reciproco emotivamente controllato di servizi
e di cure di ogni genere, scambio nel quale ognuno cerca il bene dell’altro come suo proprio.
In questo senso l’amore tende alla reciprocità ed è sempre reciproco nella sua forma riuscita:
la quale tuttavia potrà sempre dirsi un’unione (di interessi, d’intenti, di propositi, di bisogni,
nonché delle emozioni correlative) ma mai un’unità nel senso proprio del termine.
In questo senso l’amore è un rapporto finito tra enti finiti, suscettibile della più grande varietà
di modi in conformità con la varietà di interessi, propositi, bisogni, e relative funzioni emotive,
che possono costituirne la base oggettiva. Rapporto finito significa rapporto non necessariamente
determinato da forze ineluttabili, ma condizionato da elementi e situazioni atte a spiegarne
le modalità particolari. Significa altresì rapporto soggetto alla riuscita come alla non riuscita
e, anche nei casi più favorevoli, suscettibile di riuscite solo parziali e di stabilità relativa.
In questo caso, ovviamente, l’amore non è mai tutto e non costituisce la soluzione di tutti i problemi
umani. Ogni tipo o specie di amore, e, in ogni tipo o specie, ogni caso di esso sarà delimitato
e definito, nel rapporto che lo istituisce, da quei particolari interessi, bisogni, aspirazioni,
preoccupazioni, ecc., la cui compartecipazione costituirà di volta in volta la base o il motivo
dell’amore. […]
In questi limiti in cui l’amore è un fenomeno umano, per la descrizione del quale termini come
“unità”, “tutto”, “infinito”, “assoluto” sono fuori luogo, l’amore perde di sostanza cosmica
quanto guadagna d’importanza umana; e il suo significato, oggettivamente constatabile, per la
formazione, la conservazione, l’equilibrio della personalità umana, diventa fondamentale. […]
La seconda ricorrente teoria dell’amore è quella che vede in esso un’unità assoluta o infinita,
ovvero la coscienza, il desiderio o il progetto di tale unità. Da questo punto di vista l’amore cessa
di essere un fenomeno umano per diventare un fenomeno cosmico. [...]
La riuscita o la non riuscita dell’amore umano diventa indifferente ed anzi, l’amore umano,
come aspirazione all’identità assoluta, e come tentativo da parte del finito di identificarsi con
l’Infinito, viene condannato preventivamente all’insuccesso e ridotto ad un’aspirazione unilaterale,
per la quale la reciprocità è deludente e che si contenta di vagheggiare la vaga forma di
un ideale sfuggente.
Due sono le conseguenze di tale concetto dell’amore.
La prima è l’infinitizzazione delle vicende amorose che, considerate come modi o manifestazioni
dell’Infinito, acquistano un significato e una portata sproporzionata e grottesca senza rapporto
con l’importanza reale che esse hanno per la personalità umana e per i rapporti di essa
con gli altri.
La seconda è che ogni tipo o forma di amore umano viene destinato allo scacco; e la stessa
riuscita di tale amore, constatabile nella reciprocità, nella possibilità della compartecipazione,
viene assunta come il segno di questo scacco. Questi due atteggiamenti si possono agevolmente
riscontrare nella letteratura romantica sull’amore.
da Remo Bodei, Che cos’è l’amore?,
Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche
* * *
Oggi, come nel passato, la filosofia non può ignorare l’amore, la funzione che esso svolge nella
vita dell’uomo contribuendo a determinarne il senso. Insieme alla letteratura e alle arti la filosofia
fornisce una rappresentazione della varietà delle concezioni dell’amore che si sono affermate
nella storia e – in una stessa epoca – all’interno dei diversi gruppi umani.
Se più spesso con “amore” si intende il legame tra due persone, di “amore” si parla anche a proposito di altri soggetti, oltre a quelli implicati nel “rapporto a due”. Così, vi è amore dei genitori per i figli (e viceversa), come vi è amore verso entità ideali quali il bene e la giustizia, o verso entità collettive come il proprio paese, la propria nazione.
Vi sono poi l’amore di se stessi e l’amore del “prossimo” o addirittura dell’umanità intera, l’amore dell’uomo per Dio e di Dio per l’uomo.
Vi è inoltre “amore” per gli oggetti (come i beni materiali di vario tipo) o per determinate attività (il gioco, il lavoro, il cinema, ecc.): amori che talvolta possono divenire altrettanto assorbenti della “passione d’amore”, se non di più, sino a trasformarsi in vere e proprie ossessioni.
L’amore come rapporto a due – che è l’idea di “amore” di cui si occupa oggi prevalentemente la filosofia – attiene essenzialmente a un desiderio che si rivolge ad un’altra persona, si caratterizza per una forte tonalità sentimentale e si basa su una sorta di identificazione affettiva con l’“altro”, sul desiderio di “unirsi” a lui, di costituire cioè con lui un rapporto autentico, paritario, fondato sulla reciprocità di sentimenti, sulla tenerezza e sulla sollecitudine.
Forse ci potrà sorprendere che questa concezione, propria del cosiddetto “amore romantico”, fosse quasi sconosciuta prima del XIX secolo e che nella filosofia e nella cultura all’amore siano stati spesso riconosciuti altre finalità e altri caratteri.
Appare tuttavia più inquietante che quel modo di intendere l’amore, pur ancora così diffuso nell’immaginario di molte persone, si stia indebolendo e dissolvendo, o, almeno, stia profondamente
cambiando sotto la spinta dei mutamenti in corso nella nostra società.
L'allentamento dei legami d'amore
di Zygmunt Bauman
Nella sua interpretazione ortodossa, il desiderio va curato e coltivato, implica una cura prolungata,
un difficile negoziato senza soluzioni scontate, qualche scelta difficile e alcuni compromessi
dolorosi, ma soprattutto – e cosa peggiore di tutte – comporta procrastinare il suo soddisfacimento,
il sacrificio senza dubbio più aborrito nel nostro mondo fatto di velocità e accelerazione.
Nella sua radicalizzata, condensata e soprattutto più compatta reincarnazione sotto forma di
voglia, il desiderio ha perso gran parte di tali fastidiosi attributi e si è concentrato maggiormente
sul proprio obiettivo. Come recitava il messaggio pubblicitario di una famosa carta di credito,
oggi è possibile “eliminare l’attesa dal desiderio”.
Quando è pilotata dalla voglia (“in una stanza affollata i vostri sguardi si incrociano”), la relazione
tra due persone segue il modello dello shopping, e non chiede altro che le capacità di
un consumatore medio, moderatamente esperto. Al pari di altri prodotti di consumo, è fatta per
essere consumata sul posto (non richiede addestramento ulteriore o una preparazione prolungata)
ed essere usata una sola volta “con ogni riserva”. Innanzitutto e perlopiù, la sua essenza
è quella di potersene disfare senza problemi.
[…] Dopo tutto, automobili, computer o telefoni cellulari in perfetto stato e ancora funzionanti
vengono gettati via senza troppo rammarico nel momento stesso in cui le loro “versioni
nuove e aggiornate” giungono nei negozi e diventano l’ultimo grido. Perché mai le relazioni dovrebbero fare eccezione alla regola? […]
La “relazione pura” tende oggigiorno ad essere la forma prevalente di aggregazione umana,
instaurata “per quanto ne può derivare a ciascuna persona” e “continuata solo nella misura in
cui entrambi i partner ritengono che dia a ciascuno di essi abbastanza soddisfazioni da indurre
a proseguirla”. […]
Una delle caratteristiche della relazione pura è che può essere troncata, più o meno a proprio
piacimento e in qualsiasi momento, da ciascuno dei due partner. Perché una relazione abbia
una chance di durare, è necessario l’impegno; ma chiunque si impegni senza riserve rischia
di soffrire molto in futuro qualora la relazione dovesse dissolversi.
L’impegno verso un’altra persona o verso più persone, in particolare un impegno incondizionato
e di certo un tipo di impegno “finché morte non ci separi”, nella buona e nella cattiva sorte,
in ricchezza e in povertà, assomiglia sempre più a una trappola da scansare a ogni costo.
[…]
Investire sentimenti profondi nel rapporto e fare un giuramento di fedeltà significa correre un
rischio enorme: ti rende dipendente dal tuo partner e … la tua dipendenza … potrebbe non essere
e non deve essere necessariamente ricambiata. E quindi tu sei legato, ma il tuo partner è
libero di andare, e nessun tipo di legame capace di mantenere te al tuo posto è sufficiente a garantire
che l’altro non se ne vada. […]
Rapporti elastici e facilmente revocabili hanno sostituito il modello di unione personale “finché
morte non ci separi”. […]
Un’inedita fluidità, fragilità e intrinseca transitorietà (la famosa “flessibilità”) caratterizza tutti
i tipi di legame sociale che solo fino a poche decine di anni fa si coagulavano in una duratura,
affidabile cornice entro la quale era possibile tessere con sicurezza una rete di interazioni umane.
Tali tratti caratterizzano in particolare e forse anche in modo più rilevante i rapporti di tipo
lavorativo e professionale. In un’epoca in cui le proprie specificità finiscono fuori mercato in
meno tempo di quanto ne sia occorso per acquisirle e padroneggiarle, in cui le credenziali scolastiche
perdono di anno in anno valore rispetto al loro costo di acquisto o addirittura si trasformano
in una “equità negativa” ben prima della loro data di scadenza che si presumeva “illimitata”,
in cui i luoghi di lavoro scompaiono con poco o punto preavviso e il corso della vita è
suddiviso in una serie di progetti sempre più a breve termine, le prospettive di vita appaiono
sempre più simili alle accidentali circonvoluzioni di razzi intelligenti alla ricerca di elusivi, effimeri
e mai statici bersagli, anziché alla predesignata, predeterminata, prevedibile traiettoria di
un missile balistico.
da Z. Bauman, Amore liquido,
Editori Laterza, Roma-Bari 2004
* * *
...e poi:L’amore e l’individuo nell’età della tecnica
di Umberto Galimberti
Nelle società tradizionali, da cui la tecnica ci ha emancipato, vi era poco spazio per le scelte
del singolo e la ricerca della propria identità. Fatta eccezione per singoli gruppi e minoranze
elitarie che potevano permettersi il lusso di avere desideri di realizzazione personale, l’amore
non sanciva tanto la relazione tra due persone, quanto l’unione di due famiglie o gruppi parentali
che, attraverso il veicolo dell’amore, potevano acquisire sicurezza economica, forza lavoro
per l’impresa familiare, avere eredi, assicurare il possesso esistente e, nel caso dei privilegiati,
ampliare il patrimonio e il prestigio.
Oggi l’unione di due persone non è più condizionata dalla lotta quotidiana per la sopravvivenza,
o dal mantenimento e dall’ampliamento della propria condizione di privilegio sociale e
di prestigio, ma è il frutto di una scelta individuale che avviene in nome dell’amore, sulla quale
le condizioni economiche, le condizioni di classe o di ceto, la famiglia, lo Stato, il diritto, la
Chiesa non hanno più influenza e non esercitano più alcun potere, sia in ordine al matrimonio
dove due persone in completa autonomia si scelgono, sia in ordine alla separazione e al divorzio
dove, in altrettanta autonomia, i due si congedano.
L’amore perde così tutti i suoi legami sociali e diventa un assoluto (solutus ab, sciolto da tutto),
in cui ciascuno può liberare quel profondo se stesso che non può esprimere nei ruoli che
occupa nell’ambito sociale.
In questo modo tra intimità e società non c’è più scambio, osmosi, relazione. Nella società
ciascuno è funzionario ed esecutore di azioni descritte e prescritte dall’apparato di appartenenza,
nell’amore ha lo spazio per essere se stesso, reperire la propria identità profonda al di là di
quella declinata nel ruolo, cercare la propria realizzazione e l’espressione di sé. Autenticità, sincerità,
verità, individuazione trovano nell’amore quello spazio che la società, regolata dalla razionalità
della tecnica, non concede più.
L’amore diventa a questo punto la misura del senso della vita, e non ha altro fondamento che in
se stesso, cioè negli individui che lo vivono, i quali, nell’amore, rifiutano il calcolo, l’interesse, il raggiungimento di uno scopo, persino la responsabilità che l’agire sociale richiede, per reperire quella
spontaneità, sincerità, autenticità, intimità che nella società non è più possibile esprimere. […]
Slegato da ogni vincolo sociale cui la tradizione l’aveva connesso, nell’età della tecnica
l’amore è nelle sole mani degli individui che si incontrano e ha il suo fondamento nel segreto
della loro intimità, unico luogo dove trovano espressione le esigenze più personali e imprescindibili.
Contro la realtà delle astrazioni, delle statistiche, dei numeri, delle formule, delle funzionalità,
dei ruoli, l’amore esprime la realtà degli individui che rifiutano di lasciarsi assorbire totalmente
dal regime della razionalità che più si espande e diventa totalizzante, più rende attraente
nell’amore l’irrazionalità che lo governa.
Come unico spazio rimasto per essere davvero se stessi, l’amore diviene la sola risposta all’anonimato sociale e a quella radicale solitudine determinata, nell’età della tecnica, dalla frammentazione di tutti i legami. Sentendosi attori in un mondo regolato esclusivamente da meccanismi, gli innamorati non riconoscono alcuna istanza sovraordinata al loro amore, che non ha
altro fondamento o altro obbligo se non nella loro libera scelta. E se un tempo l’amore si infrangeva
di fronte alle convenzioni sociali, oggi appare l’unico rifugio che salva l’individuo da queste
convenzioni, in cui nessuno ha l’impressione di poter essere veramente se stesso.
È come se l’amore reclamasse, contro la realtà regolata dalla razionalità tecnica, una propria
realtà che consenta a ciascuno, attraverso la relazione con l’altro, di realizzare se stesso. E in
primo piano, naturalmente, non c’è l’altro, ma se stesso. […]
Ma così l’amore si avvolge nel suo enigma: il desiderare, lo sperare, l’intravedere una possibilità
di realizzazione per se stessi cozzano con la natura dell’ amore che è essenzialmente relazione
all’altro, dove i due smettono di impersonare ruoli, di compiere azioni orientate a uno
scopo e, nella ricerca della propria autenticità, diventano qualcosa di diverso rispetto a ciò che
erano prima della relazione, svelano l’uno all’altro diverse realtà, si creano vicendevolmente ex
novo, cercando nel tu il proprio se stesso. […]
Ma quando l’intimità è cercata per sé e non per l’altro, l’individuo non esce dalla sua solitudine
e tanto meno dalla sua impermeabilità, perché già nell’intenzione di reperire se stesso nell’amore
egli ha bloccato ogni moto di trascendenza, di eccedenza, di ulteriorità. […] Una sorta
di rottura di sé perché l’altro lo attraversi. Questo è l’amore.
da U. Galimberti, Le cose dell’amore,
Feltrinelli, Milano 2005
* * *
...e poi:Due nozioni dell’amore
di Nicola Abbagnano
[Nelle] teorie […] ricorrono due nozioni fondamentali dell’amore, all’una o all’altra delle
quali ciascuna di esse può essere agevolmente ricondotta. La prima è quella dell’amore come
un rapporto che non annulla la realtà individuale e l’autonomia degli esseri tra i quali intercorre,
ma tende a rafforzarle, mediante uno scambio reciproco emotivamente controllato di servizi
e di cure di ogni genere, scambio nel quale ognuno cerca il bene dell’altro come suo proprio.
In questo senso l’amore tende alla reciprocità ed è sempre reciproco nella sua forma riuscita:
la quale tuttavia potrà sempre dirsi un’unione (di interessi, d’intenti, di propositi, di bisogni,
nonché delle emozioni correlative) ma mai un’unità nel senso proprio del termine.
In questo senso l’amore è un rapporto finito tra enti finiti, suscettibile della più grande varietà
di modi in conformità con la varietà di interessi, propositi, bisogni, e relative funzioni emotive,
che possono costituirne la base oggettiva. Rapporto finito significa rapporto non necessariamente
determinato da forze ineluttabili, ma condizionato da elementi e situazioni atte a spiegarne
le modalità particolari. Significa altresì rapporto soggetto alla riuscita come alla non riuscita
e, anche nei casi più favorevoli, suscettibile di riuscite solo parziali e di stabilità relativa.
In questo caso, ovviamente, l’amore non è mai tutto e non costituisce la soluzione di tutti i problemi
umani. Ogni tipo o specie di amore, e, in ogni tipo o specie, ogni caso di esso sarà delimitato
e definito, nel rapporto che lo istituisce, da quei particolari interessi, bisogni, aspirazioni,
preoccupazioni, ecc., la cui compartecipazione costituirà di volta in volta la base o il motivo
dell’amore. […]
In questi limiti in cui l’amore è un fenomeno umano, per la descrizione del quale termini come
“unità”, “tutto”, “infinito”, “assoluto” sono fuori luogo, l’amore perde di sostanza cosmica
quanto guadagna d’importanza umana; e il suo significato, oggettivamente constatabile, per la
formazione, la conservazione, l’equilibrio della personalità umana, diventa fondamentale. […]
La seconda ricorrente teoria dell’amore è quella che vede in esso un’unità assoluta o infinita,
ovvero la coscienza, il desiderio o il progetto di tale unità. Da questo punto di vista l’amore cessa
di essere un fenomeno umano per diventare un fenomeno cosmico. [...]
La riuscita o la non riuscita dell’amore umano diventa indifferente ed anzi, l’amore umano,
come aspirazione all’identità assoluta, e come tentativo da parte del finito di identificarsi con
l’Infinito, viene condannato preventivamente all’insuccesso e ridotto ad un’aspirazione unilaterale,
per la quale la reciprocità è deludente e che si contenta di vagheggiare la vaga forma di
un ideale sfuggente.
Due sono le conseguenze di tale concetto dell’amore.
La prima è l’infinitizzazione delle vicende amorose che, considerate come modi o manifestazioni
dell’Infinito, acquistano un significato e una portata sproporzionata e grottesca senza rapporto
con l’importanza reale che esse hanno per la personalità umana e per i rapporti di essa
con gli altri.
La seconda è che ogni tipo o forma di amore umano viene destinato allo scacco; e la stessa
riuscita di tale amore, constatabile nella reciprocità, nella possibilità della compartecipazione,
viene assunta come il segno di questo scacco. Questi due atteggiamenti si possono agevolmente
riscontrare nella letteratura romantica sull’amore.
da N. Abbagnano, Dizionario di filosofia, voce “Amore”,
TEA, Milano 1993
- Puoi continuare la lettura di questa interessante ricerca sull'Amore, seguendo questo link:
http://www.edatlas.it/documents/a7f0c806-e5f0-47d0-9f5e-f5063ce38ca2
o chiedendomi il file PDF per email.