Je ne veux pas mourir sans avoir compris pourquoi j'avais vécu...
Poesia e Ricerca Spiritualedi Domenico Turco
Tra tutte le forme di Arte, tradizionalmente solo alla poesia era accordato un ruolo significativo in vista di quei valori che definiamo come religiosi o, per essere più precisi, spirituali. La spiritualità della poesia è diversa ma non troppo dalla spiritualità del singolo che sperimenta attraverso la sua vita una ricerca che ha come fine la realizzazione di se stesso, o l'autocompimento esistenziale, una maturazione dell'esistenza che non può mai completamente aver luogo, dal momento che non si finisce mai di imparare o crescere.
La poesia fa parte integrante di quei percorsi esistenziali che ci guidano nel cammino della vita e che rinviano alle grandi esperienze spirituali, al dialogo con gli altri e all'incontro con la dimensione religiosa, metafisica, che suggerisce un ordine di realtà alternativa rispetto alla realtà suggerita dai cinque sensi. La vera poesia rivendica un approfondimento di valori spirituali, valori che si possono indicare anche con il termine di verità. La filosofia del Novecento, smentendo clamorosamente una consolidata tradizione sette-ottocentesca che scorgeva nel fenomeno letterario una semplice attività di evasione, ha rivalutato la funzione della letteratura e quindi della poesia anche ai fini del pensiero, di una riflessione radicata sulla verità e le sue ragioni. In particolare, il filosofo tedesco Heidegger, ha affermato il primato della poesia come e in quanto forma di conoscenza.
L'aspetto rivelativo del Dire poetico si associa in Heidegger al recupero della filosofia e della cultura greca. Nell'antica Grecia la figura del poeta era non molto lontana da quella del profeta o del veggente. Il poeta si identificava con l' hermeneutès, l'interprete dei presagi divini, e come tale intermediario tra il mondo degli uomini e il mondo degli dei. Interpretare segni era interpretare, soprattutto, i segni premonitori del futuro, attraverso la lettura del volo degli uccelli e l'osservazione delle viscere degli animali.
L'aspetto rivelativo del Dire poetico si associa in Heidegger al recupero della filosofia e della cultura greca. Nell'antica Grecia la figura del poeta era non molto lontana da quella del profeta o del veggente. Il poeta si identificava con l' hermeneutès, l'interprete dei presagi divini, e come tale intermediario tra il mondo degli uomini e il mondo degli dei. Interpretare segni era interpretare, soprattutto, i segni premonitori del futuro, attraverso la lettura del volo degli uccelli e l'osservazione delle viscere degli animali.
Assimilati alla sapienza profetica, i poeti venivano considerati depositari delle leggi del mondo, esperti nelle arti divinatorie, cioè nella lettura del futuro. La poesia, non ancora distinta dal canto, era parte integrante della vita spirituale e della religione. La poesia nel mondo antico era profondamente legata ad una teoria dell'ispirazione come annuncio.
Il poeta, tale per ispirazione divina, era posto sotto la protezione di Hermes, il messaggero degli dei. Il ruolo subalterno che questo dio assume, da certe fonti trattato più da semidio che da dio in senso proprio, lo rendevano forse incline ad un migliore rapporto di prossimità verso i mortali, soprattutto quella categoria di mortali noti come poeti, che meglio di altri riescono ad entrare in sintonia con il sacro e le sue rare rivelazioni. È possibile qui citare la divina manìa, i poeti interpreti degli dei nello Ione di Platone e il dio in qualità di intermediario.
In considerazione dello stretto legame tra spiritualità e poesia, non è un caso che gli antichi Greci abbiano adottato i poemi omerici e le tragedie come loro testi sacri. Giustamente è stato detto che i poemi attribuiti a Omero, L'Iliade e l'Odissea, possono definirsi la Bibbia dei Greci. Non è un'esagerazione, dal momento che tali opere contengono un'eccezionale valenza spirituale.
La poesia di Omero è animata da un' immaginazione fervida, a tratti inverosimile, ma mai grottesca e surreale come nelle opere letterarie dello stesso periodo. La dialettica di vicissitudini e personaggi, nei drammi affollati e convulsi dell'Iliade e delll'Odissea di Omero, è sempre sorvegliata da un
meccanismo razionale, nonostante la sostanziale inattendibilità, e talvolta l'incoerenza, delle diverse trame. Qualsiasi evenienza presente nel testo non è mai casuale, c'è come una regia occulta che manovra i fatti al fine di garantire lo sviluppo dell'intreccio, quasi un disegno provvidenziale divino
che sta dietro, dentro gli episodi raccontati. La poesia omerica sembra ispirarsi ad un ideale di armonia, limite e misura, concetti successivamente assunti a criteri di base della visione del mondo greca. Queste idee avranno il merito di fruttificare sul piano spirituale e metafisico, con riferimento alle grandi sintesi di Platone ed Aristotele.
Ma, passando al filo conduttore principale di questa riflessione su poesia e ricerca spirituale, forse è preferibile riferirsi a degli autori più recenti, che hanno fatto della spiritualità, in qualche modo, il loro tema principale. Come il poeta Thomas Stearns Eliot, il cui discorso poetico si è basato su una sofferta ricerca nel nome e nel segno dello spirito, sin dalla esordio letterario, con La terra desolata (1922). Qui viene sviluppato il tema dell'abbandono degli uomini da parte di Dio, a causa di un atteggiamento sempre più nichilistico, di sfiducia in merito ai valori costruttivi e positivi dell'esistenza, espresso da versi di suggestiva drammaticità:
Il poeta, tale per ispirazione divina, era posto sotto la protezione di Hermes, il messaggero degli dei. Il ruolo subalterno che questo dio assume, da certe fonti trattato più da semidio che da dio in senso proprio, lo rendevano forse incline ad un migliore rapporto di prossimità verso i mortali, soprattutto quella categoria di mortali noti come poeti, che meglio di altri riescono ad entrare in sintonia con il sacro e le sue rare rivelazioni. È possibile qui citare la divina manìa, i poeti interpreti degli dei nello Ione di Platone e il dio in qualità di intermediario.
In considerazione dello stretto legame tra spiritualità e poesia, non è un caso che gli antichi Greci abbiano adottato i poemi omerici e le tragedie come loro testi sacri. Giustamente è stato detto che i poemi attribuiti a Omero, L'Iliade e l'Odissea, possono definirsi la Bibbia dei Greci. Non è un'esagerazione, dal momento che tali opere contengono un'eccezionale valenza spirituale.
La poesia di Omero è animata da un' immaginazione fervida, a tratti inverosimile, ma mai grottesca e surreale come nelle opere letterarie dello stesso periodo. La dialettica di vicissitudini e personaggi, nei drammi affollati e convulsi dell'Iliade e delll'Odissea di Omero, è sempre sorvegliata da un
meccanismo razionale, nonostante la sostanziale inattendibilità, e talvolta l'incoerenza, delle diverse trame. Qualsiasi evenienza presente nel testo non è mai casuale, c'è come una regia occulta che manovra i fatti al fine di garantire lo sviluppo dell'intreccio, quasi un disegno provvidenziale divino
che sta dietro, dentro gli episodi raccontati. La poesia omerica sembra ispirarsi ad un ideale di armonia, limite e misura, concetti successivamente assunti a criteri di base della visione del mondo greca. Queste idee avranno il merito di fruttificare sul piano spirituale e metafisico, con riferimento alle grandi sintesi di Platone ed Aristotele.
Ma, passando al filo conduttore principale di questa riflessione su poesia e ricerca spirituale, forse è preferibile riferirsi a degli autori più recenti, che hanno fatto della spiritualità, in qualche modo, il loro tema principale. Come il poeta Thomas Stearns Eliot, il cui discorso poetico si è basato su una sofferta ricerca nel nome e nel segno dello spirito, sin dalla esordio letterario, con La terra desolata (1922). Qui viene sviluppato il tema dell'abbandono degli uomini da parte di Dio, a causa di un atteggiamento sempre più nichilistico, di sfiducia in merito ai valori costruttivi e positivi dell'esistenza, espresso da versi di suggestiva drammaticità:
Quali sono le radici che s'afferrano, quali i rami che crescono
Da queste macerie di pietra? Figlio dell'uomo,
Tu non puoi dire, né immaginare, perché conosci soltanto
Un cumulo d'immagini infrante, dove batte il sole,
E l'albero morto non dà riparo, nessun conforto lo stridere del grillo,
L'arida pietra nessun suono d'acque.
I riferimenti all'aridità, all'assenza di ombra e alla sensazione di disagio cosmico correlata a un Dio che sembra ignorare la tragedia dell'uomo contemporaneo, si trovano variamente presenti in una poesia che sembra alla ricerca di una dimensione spirituale, e che come tale viene incontro a chiunque, nel corso della sua esistenza, è costretto a fronteggiare le tempeste e gli assalti del destino.
Qualsiasi interrogazione di senso sui rapporti tra poesia e spiritualità non può prescindere da una definizione della spiritualità, la quale si può prestare a diversi usi linguistici. In particolare, rendiamo conto di due usi, tra gli altri. C'è una spiritualità di tipo dogmatico, nella quale avviene un'assunzione acritica dei precetti e delle verità di fede, e una spiritualità consapevole, in cui non si è più recettori passivi ma attori di un percorso di ricerca che ha come suo fine peculiare la realizzazione di sé, realizzazione che non può in alcun modo fare a meno del mondo che ci circonda e delle sue inesauribili possibilità di riscatto.
Il primo atto di autocoscienza spirituale parte da un detto così semplice da apparire scontato: “conosci te stesso”. È un detto valido anche per la poesia, in quanto il vero poeta è mosso alla sperimentazione letteraria da un'esigenza di scavo interiore, dalla spinta a conoscersi e a conoscere la realtà e le sue leggi. Com'è noto, Conosci te stesso era il motto posto sul frontone del Tempio di Delfi, consacrato ad Apollo, dio del Sole, ma anche della profezia, della giustizia, della verità e della poesia. Socrate pose l'accento sul valore straordinario di questa massima, conosci te stesso, che ci invita ad approfondire il nostro rapporto con la vita e quindi a meditare sulla fondamentale domanda “da dove veniamo, chi siamo, dove andiamo?”.
A questo proposito, è estremamente illuminante un passo tratto da Vedute del mondo reale di Georges Ivanisevic Gurdjeff, pensatore-scrittore di origine georgiana:
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(Fonte: dal mio blog Vagheggiando)
Qualsiasi interrogazione di senso sui rapporti tra poesia e spiritualità non può prescindere da una definizione della spiritualità, la quale si può prestare a diversi usi linguistici. In particolare, rendiamo conto di due usi, tra gli altri. C'è una spiritualità di tipo dogmatico, nella quale avviene un'assunzione acritica dei precetti e delle verità di fede, e una spiritualità consapevole, in cui non si è più recettori passivi ma attori di un percorso di ricerca che ha come suo fine peculiare la realizzazione di sé, realizzazione che non può in alcun modo fare a meno del mondo che ci circonda e delle sue inesauribili possibilità di riscatto.
Il primo atto di autocoscienza spirituale parte da un detto così semplice da apparire scontato: “conosci te stesso”. È un detto valido anche per la poesia, in quanto il vero poeta è mosso alla sperimentazione letteraria da un'esigenza di scavo interiore, dalla spinta a conoscersi e a conoscere la realtà e le sue leggi. Com'è noto, Conosci te stesso era il motto posto sul frontone del Tempio di Delfi, consacrato ad Apollo, dio del Sole, ma anche della profezia, della giustizia, della verità e della poesia. Socrate pose l'accento sul valore straordinario di questa massima, conosci te stesso, che ci invita ad approfondire il nostro rapporto con la vita e quindi a meditare sulla fondamentale domanda “da dove veniamo, chi siamo, dove andiamo?”.
A questo proposito, è estremamente illuminante un passo tratto da Vedute del mondo reale di Georges Ivanisevic Gurdjeff, pensatore-scrittore di origine georgiana:
ESISTONO MENTI CHE SI INTERROGANO, che desiderano la verità del cuore, la cercano, si sforzano di risolvere i problemi generati dalla vita,cercano di penetrare l'essenza delle cose e dei fenomeni, e dipenetrare in loro stesse. Se un uomo ragiona e pensa bene,non ha importanza quale cammino egli segua per risolverequesti problemi, deve inevitabilmente ritornare a se stesso, edincominciare dalla soluzione del problema di che cosa eglistesso sia e di quale sia il suo posto nel mondo attorno a lui.Perché senza questa conoscenza egli non avrà un punto focalenella sua ricerca. Le parole di Socrate “Conosci te stesso”perdurano per tutti coloro che cercano la vera conoscenza ed ilvero essere.L'espressione tutti coloro che cercano la vera conoscenza e il vero essere sembra applicarsi indistintamente sia ai liberi ricercatori dello spirito sia a chi ama o pratica la poesia come forma di conoscenza, studio dell'anima, ricognizione dei più alti valori esistenziali.
γνῶθι σαυτόν, nosce te ipsum, conosci te stesso |
(Fonte: dal mio blog Vagheggiando)