“ LA CASA DEL VENTO”
di Bruno Zanin
Ho seguito Bruno Zanin sin dalla nascita della sua
vocazione di scrittore, mi sono accorto delle sue qualità leggendo le lettere
che mi scriveva quando ci siamo conosciuti perché il caso ha voluto che
abitassimo nello stesso palazzo a Roma. Mi sono subito accorto che c’era, nelle
lettere che Bruno nella sua amichevole esuberanza lasciava molto spesso nel la
cassetta della mia posta ,qualcosa che mi diceva che lui aveva una qualità che
gli andava rivelata, anzi che lui andava rivelato a sé stesso, e mi assunsi
questo compito. La cosa che gli andava rivelata era che pur non avendo alcuna
preparazione culturale, pur presentandosi come un “absolute beginner”, lui
aveva il dono della scrittura,
c’era in lui uno scrittore in embrione, e sarebbe stato un peccato non
approfittare di questo. Ma poiché Bruno aveva capito che la mia esortazione
andava seguita con molta applicazione e che quel dono andava accudito e
conquistato con un impegno quotidiano, si mise subito al lavoro, e non è stata
la sua un’impresa facile, perché la ricerca delle parole, della frase, del
ritmo, è un lavoro duro che rassomiglia alla scalata di una montagna, e
lui vi si è dedicato per anni approfittando di ogni appiglio, a volte facendosi
male, altre volte ricominciando dal punto da cui era partito, con ostinazione e
dedizione assoluta perché intanto aveva capito che la scrittura poteva essere
per lui l’unica terapia per lenire il suo malessere esistenziale.
Bruno Zanin è uno scrittore essenzialmente
autobiografico: nel suo primo libro “Nessuno dovrà
saperlo” ha raccontato
l’origine del male, il trauma che ha devastato la sua vita, la violenza subita
quando era ancora un ragazzino che non poteva difendersi, ma ha saputo
raccontare nello stesso tempo la scoperta della vita, dell’amore, del sesso,
dei molteplici sentimenti della prima età con divertimento e un’allegra
vivacità, e il primo racconto “Il nonno” è a parer mio uno dei racconti dove
meglio si rivela quel dono della scrittura di cui si è detto. Il seguito, quel
che è stata la vita di Bruno dopo la scrittura di questo suo primo libro, la
sua partecipazione come operatore umanitario alla guerra in Bosnia, e tutto il
resto, lo racconta meglio lui stesso nella prefazione.
Ma ora è di questo suo secondo libro che
vogliamo dire qualche parola, un libro secondo solo per pubblicazione (perché
ci sono altri libri che lui sta scrivendo adesso sulla guerra in Bosnia). Anche
questo “La casa del vento” è un
libro autobiografico che riguarda un’altra età della vita di Bruno, quella più
disordinata della gioventù, quando lasciata Roma scopre l’isola di Lipari, la natura
e i colori del Mediterraneo, la gente del luogo, e dopo il primo entusiasmo si
accorge del rovescio della medaglia e, come sempre gli capita nella vita, passa
dall’entusiasmo alla delusione. Anche qui appare evidente il dono della
scrittura, anche se questo è un libro disordinato. E’ uno dei libri però dove
meglio appare raccontata la vita di tanti giovani “on the road”, un libro picaresco dove si
passa con disinvoltura da una situazione all’altra, da una città all’altra, da
una casa all’altra, e spesso dalla droga alla prigione, un libro pieno di
un’invincibile voglia di vivere liberamente, pienamente, irresponsabilmente,
disperatamente. Dal punto di vista strettamente letterario è un libro un po'
scombinato, come scombinata è la vita del suo autore, non ha una struttura
equilibrata, sembra piuttosto una matassa da districare, ma al centro di questa
matassa c’è sempre la lotta tra il bene e il male che divide l’anima dello
scrittore, la ricerca della felicità sempre intravista e mai davvero
conquistata, un patetico desiderio di essere migliore di come si è, di non
cedere all’istinto prepotente che lo porta a ricadere dove lo porta il suo
desiderio.
Il protagonista di questo libro è un omosessuale imperfetto, non felice di esserlo come oggi sarebbe normale, e sempre però tentato dall’incontro coi bei ragazzi di cui s’invaghisce, da cui ricava momenti di estasi e fitte di dolore. Insomma è un uomo ferito, pieno di illusioni e delusioni, che non riesce mai ad essere in pace con se stesso. Questo suo libro è un libro sincero, dove ogni cosa narrata corrisponde a una cosa davvero avvenuta, ogni sentimento a un sentimento veramente provato, e noi sentiamo che è come se l’autore si consegnasse nelle nostre mani. Ed è anche un libro in molti punti poetico, quando l’autore scopre la bellezza dell’isola e ne rimane abbagliato, quando scopre il mare, il vento, il cielo azzurrissimo, la vita della gente del luogo semplice e ambigua. Alla fine, dopo aver letto questo libro abbiamo la sensazione di aver ascoltato una lunga confessione che ci ha coinvolti e ci ha commosso, nonostante le molte ingenuità e forse proprio a causa di esse.
Il protagonista di questo libro è un omosessuale imperfetto, non felice di esserlo come oggi sarebbe normale, e sempre però tentato dall’incontro coi bei ragazzi di cui s’invaghisce, da cui ricava momenti di estasi e fitte di dolore. Insomma è un uomo ferito, pieno di illusioni e delusioni, che non riesce mai ad essere in pace con se stesso. Questo suo libro è un libro sincero, dove ogni cosa narrata corrisponde a una cosa davvero avvenuta, ogni sentimento a un sentimento veramente provato, e noi sentiamo che è come se l’autore si consegnasse nelle nostre mani. Ed è anche un libro in molti punti poetico, quando l’autore scopre la bellezza dell’isola e ne rimane abbagliato, quando scopre il mare, il vento, il cielo azzurrissimo, la vita della gente del luogo semplice e ambigua. Alla fine, dopo aver letto questo libro abbiamo la sensazione di aver ascoltato una lunga confessione che ci ha coinvolti e ci ha commosso, nonostante le molte ingenuità e forse proprio a causa di esse.
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