È estate, mattina presto. Quel momento in cui il sole non si è ancora librato oltre i paesaggi dell’orizzonte e lunghe ombre si proiettano tigrate dalla luce. I raggi sono caldi sulla pelle quando gradualmente ti scivolano addosso, ma all’ombra l’aria è ancora fredda e il grigiore rimane abbarbicato sotto bordi e profili.
Una leggera brezza va e viene, rincorrendo le increspature dell’acqua e facendoti dondolare insieme alla barca mentre galleggi tra fette bianconere di mattino. Gli uccelli cantano. È un suono nitido e chiaro, pulito dalla mancanza della colonna sonora di un giorno già inoltrato. C’è il rumore occasionale del vento tra le foglie e l’occasionale infrangersi di un onda più consistente contro il fianco della barca. Null’altro.
Tendi il braccio fuori a penzolare e senti la scossa scioccante dell’acqua, il movimento regolare del lago che ti gioca su e giù tra le nocche della mano con ritmo gelante. Ritiri il braccio; ti godi il sollievo tra le dita. Tenendo oltre il bordo la mano, chiudi gli occhi e percepisci i minuscoli punti di gravità e resistenza quando il liquido ti trova percorsi lungo la pelle, si trasforma in gocce del peso necessario, poi cade - ogni goccia terminante in un udibile tic.
Fermo, ora – fermati lì, proprio su quel tic.
Blocca l’immaginazione. Ora comincia la realtà. Ora subentra l’ovvio e il meraviglioso e il terribile, tutto simultaneamente: il lago nella mia testa, il lago che stavo immaginando, è appena diventato il lago nella tua testa. Non importa se non mi conosci, o se non conosci niente di me. Potrei esser morto, potrei esser morto cent’anni prima che tu nascessi e – pensaci attentamente, pensa oltre il senso di ovvio e considera l’immenso e incredibile miracolo che vi si cela dentro – il lago nella mia testa è diventato il lago nella tua testa.
Dietro o dentro o attraverso le duecentodieci parole che rappresentano la mia descrizione, dietro o dentro o attraverso quelle 1044 lettere, esiste una sorta di flusso. Una corrente puramente concettuale senza massa o peso o consistenza, senza nessi gravitazionali o temporali, una corrente che può solo esser vista se decidi di guardarla esattamente dall’angolazione dalla quale la stiamo guardando ora. Ma è lì, una corrente che scorre direttamente dal mio lago immaginario dentro il tuo.
Il lago che io ti ho dato.
Imagine you are in a rowing boat on a lake.
It’s summer, early morning. That time when the sun hasn’t quite broken free of the landscape and long, projected shadows tigerstripe the light. The rays are warm on your skin as you drift through them, but in the shadows the air is still cold, greyness holding onto undersides and edges wherever it can.
A low clinging breeze comes and goes, racing ripples across the water and gently rocking you and your boat as you float in yin-yang slices of morning. Birds are singing. It’s a sharp, clear sound, clean without the humming backing track of a day well underway. There’s the occasional sound of wind in leaves and the occasional slap-splash of a larger wavelet breaking on the side of your boat, but nothing else.
You reach over the side and feel the shock of the water, the steady bob of the lake’s movement playing up and down your knuckles in a rhythm of cold. You pull your arm back; you enjoy the after-ache in your fingers. Holding out your hand, you close your eyes and feel the tiny physics of gravity and resistance as the liquid finds routes across your skin, builds itself into droplets of the required weight, then falls, each drop ending with an audible tap.
Now, right on that tap - stop.
Stop imagining. Here’s the real game. Here’s what’s obvious and wonderful and terrible all at the same time: the lake in my head, the lake I was imagining, has just become the lake in your head. It doesn’t matter if you never know me, or never know anything about me. I could be dead, I could have been dead a hundred years before your were even born and still - think about this carefully, think past the obvious sense of it to the huge and amazing miracle hiding inside - the lake in my head has become the lake in your head.
Behind or inside or through the two hundred and eighteen words that made up my description, behind or inside or through those nine hundred and sixty-nine letters, there is some kind of flow. A purely conceptual stream with no mass or weight or matter and no ties to gravity or time, a stream that can only be seen if you choose to look at it from the precise angle we are looking from now, but there, nevertheless, a stream flowing directly from my imaginary lake into yours.
The lake I gave you.