AN ANTHOLOGY OF THOUGHT & EMOTION... Un'antologia di pensieri & emozioni
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Wednesday, 20 January 2016

MISTERO DELLA NATURA, DELL'INDIVIDUO E DELLA SCISSIONE


La storia della mente umana affonda le sue radici nel mistero dove la natura si manifesta, fuori della scissione delle scienze, come destino dell'esistente e memoria della materia. La creatività procede appaiata con il mistero e il pensiero creativo non è nient'altro che il destino dell'esistente che assume la fatalità come causa e il mistero come forma. L'uomo omerico aveva proiettato negli dei il senso della sua esistenza, la divinità era per l'uomo una presenza naturale e costante, gli dei erano evidenti e naturali, appartenevano all'ordine naturale del cosmo e psiché non si riferisce alla vita della coscienza o agli aspetti cognitivi della mente ma solo a ciò che presiede all'animazione biologica delle membra. L'uomo greco aveva rivelato la sua esperienza del destino attraverso molteplici figure simboliche: le Erinni-Eumenidi -- Nemesis, Adrastea, Ilizia; le Moire -- Cloto, Lachesi e Atropo --; il Daimon.

Il simbolo è ciò che rivela il mistero naturale e la natura misteriosa, nell'Iliade, Zeus tiene la bilancia, il destino determina quale piatto scenda e quale salga, nascere e morire non è nelle nostre mani, non dipende da noi e nell'Odissea le donne tessono, si dedicano alla filatura che Omero considera una attività divina. La donna è la grande tessitrice della vita, il grembo materno custodisce il destino biologico. Le Dee donne custodiscono il mistero naturale: Demetra, Persefone, Artemide, Era, Afrodite, Atena. Nella poesia epica l'uomo è carico di phatos, di meraviglia, di fronte all'universo e alla natura.

Nella poesia lirica (Saffo, Archiloco, Alceo, Stesicoro) il mistero naturale diventa il mistero dell'amore-passione che prende l'uomo e lo immerge nella potenza della tempesta, nella lirica il pathos è rivolto alla natura interiore dell'uomo e trova adeguata espressione nel ritmo di musica, canto e metrica. Nella storia umana la lirica rappresenta il miracolo dell'autoformazione dell'interiorità. La filosofia pre-socratica, aristotelica e la tragedia (Eschilo, Sofocle, Euripide) mostrano la frattura, la scissione tra l'ente e il suo essere, il particolare e l'universale, la dimensione esistenziale e quella concettuale-astratta dell'uomo. La Tragedia è mimesi di un'azione e purificazione-catarsi dell'anima dalle passioni (Aristotele).

Nella mimesi drammatica l'uomo rivela l'essere nel suo culmine, la tragedia sta nell'esistenza vista nel suo acmè (azione decisiva). [Dramadal verbo greco "Drao" che significa fare nel senso specifico di decidere, una scelta-azione effettuata dall'uomo non in mano agli dei].

In Socrate e nei tragici il "Drao"- l'agire dell'uomo si manifesta al vertice della sua decisione e della sua scelta individuale. In Aristotele invece l'elaborazione non riguarda il centro dell'esperienza esistenziale, ma si riferisce al fare-agire come "Poieo" e "Prasso": Poieo significa fare rispetto all'oggetto, una costruzione produzione, il fare della tecnica, Prasso significa un fare che sottolinea il proposito iniziale e la messa in atto, il fare della politica. Il mistero come differenza ontologica, come cesura tra l'ente e il suo essere è tragedia: dolore, angoscia, nulla, morte, tutto è destinato a finire e a divenire inconsistente. Nella grecia classica la filosofia ha dato una lettura concettuale di questa scissione, mentre la tragedia ne ha fatto una lettura esistenziale, esse nascono come farmacon-medicina al dolore dell'umanità, come antidoti alla morte e alla condanna dell'uomo al nulla, ad essere ni-ente.

Riflettere sul mistero e sul destino significa confrontarsi sempre con le domande fondamentali della filosofia:

Cos'è l'essere umano?


Cos'è l'essere divino?

Anche la psicologia e la psicoanalisi si misurano costantemente con queste domande, sul terreno dell'esperienza e con un lessico diverso da quello adoperato dai filosofi. Essere uomini, vuol dire essere esposti a una sete e a una fame che mai saranno definitivamente placate, significa essere creature ferite in nuce, ontologicamente scisse, alla continua ricerca del nostro altro immaginale, della nostra metà che non sarà mai un essere in carne ed ossa, ma forse solo la nostra controparte inconscia, che pur con tutti gli sforzi di venire alla luce, resterà sempre in parte nell'ombra.


Ciò che desideriamo in realtà non esiste se non nella dimensione del desiderio e della nostalgia.